sabato, luglio 16, 2005

Vitelloni a mandorla.

Oggi guardavo un paio di belle scarpe "made in China". Mi chiedevo cosa ha provato quello che le ha cucite, a lavoro finito. Sono colorate, inutilmente tecnologiche, estetiche, ma per lui forse inarrivabili, incomprensibili, spudorate...

Poi mi sono ricordato le parole di Ciampi al suo viaggio in Cina: "anche noi nel boom economico eravamo così".
A parte il fatto che noi negli anni '60 non cucivamo le scarpe per gli americani (casomai in quegli anni ce le iniziavamo a comprare, le scarpe americane), andrebbe ricordato che noi lavoravamo essenzialmente per il mercato nazionale.
Eravamo metalmeccanici, operai edili, artigiani, braccianti, e questa non è una differenza di poco conto: noi lavoravamo per la nostra ricchezza in cambio di salari spillati a suon di scioperi ai datori di lavoro.
I cinesi producono per la nostra ricchezza, sottopagati e stipati nelle catene di montaggio che lo stato amministra con i metodi di una dittatura socialista. I cinesi rovistano nella pattumiera dei nostri scarti tecnologici, per recuperare mercurio e rame a mani nude. I cinesi vengono licenziati se si infortunano e uccisi senza processo se si ribellano, complici le leggi, lo stato, l'industria, e gli investitori stranieri.

Ciampi dice che quegli anni li abbiamo passati pure noi. Mio nonno, invece, si ricordava tutt'altro.
Mio nonno si ricordava delle canzoni di Claudio Villa, del posto fisso che si trovava facilmente, del dignitoso vivere borghese dell'"uomo qualunque", delle spiagge affollate, dei film all'italiana.
Niente, Ciampi dice che è lo stesso.

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