domenica, settembre 26, 2010

Scandalo Spazzatura napoli: la vergogna di una capitale che non rappresenta più nessuno.

La proverbiale intelligenza dei Napoletani, contro ogni previsione, è diventata la causa finale del decadimento di Napoli.
E’ la triste ironia del destino, tanto più insolente e malvagio se pensiamo che non c’è nulla di più lontano dalla comprensibilità, per Napoli parole e musica, del romanzo di un’intelligenza sprecata. Da che Napoli è Napoli, infatti, le storie in cui rifulge la genialità, lo slancio e “l’arte di arrangiarsi” finiscono immancabilmente col premio finale e gli applausi del pubblico.
Pulcinella era questo, e Felice Sciosciammocca gli è stato fedele discepolo.
Poi vennero Totò e il grande Eduardo. Il primo, nipote d’arte, ha proseguito la suonata, adattandola al terzo millennio venturo, e vezzeggiando dei napoletani la maschera stereotipata un secolo prima.
Il secondo, al contrario, è stato un padre arcigno, non amato come la premurosa mamma de Curtis, che ha riservato ai figli poco pane e poco affetto. Li ha descritti con un taccagno amore senza illusioni, finendo così liquidato come si liquida questo genere di vecchi borbottoni.
Orbene. Oggi c’è la spazzatura per strada, a Napoli. A Milano non c’è, a Roma nemmeno, e nemmeno a Taranto. C’è a Napoli. Già, ma perché c’è la spazzatura per strada, a Napoli? Di certo non perché se ne produca troppa, o perché i Napoletani non siano gente pulita, o perché non siano capaci di gestire la faccenda. Figuramoci.
La sporcizia i Napoletani non la tollerano, e chi sia mai entrato in un quartiere popolare di Napoli sa bene che l’odore più ricorrente dalla sera alla mattina è quello dei detersivi. Ricorre più dell’odore del mangiare, e lo sprigionano le decine di litri di acqua e ammoniaca profumata che le mamme di Napoli gettano a terra davanti i loro bassi.
Tanto è lo scrupolo dell’igiene, che i Napoletani si lavano anche la strada pubblica avanti casa.
Ma questo a Milano non si sa. Nelle nuove capitali si sa solo che i Napoletani sono promiscui, che la città brulica di creature sporche e che, or non è guari, c’è stato il colera.
Sta bene. E allora mi si spieghi perché gli emigranti (vecchi e nuovi) non accumulano, nelle strade della loro nuova residenza (Milano o Amburgo), la monnezza come fanno a casa loro.
Mi si spieghi perché il Napoletano medio, che non è uno sporcaccione, tollera, a casa sua, cose che avrebbe orrore di fare e tollerare a casa d’altri. Avete mai visto a Milano un Napoletano che butta sacchetti dalla finestra? Eppure ne sono saliti al Nord di scostumati. E’ solo paura della legge, che lì si applica e da noi no? Ma così torniamo al punto di partenza: come mai lì si applica e da noi no?
Si può capire il problema separandolo in due punti. Il primo è molto importante, ed è anche molto semplice: la spazzatura a Napoli non la accumulano i Napoletani. La spazzatura l’accumula la Camorra.
Funziona così: è la camorra che paga i manifestanti disoccupati per fare casino poco prima delle elezioni, chiedendo assunzioni pubbliche anche se non si può, anche se non servono. La città è un inferno, ogni santo giorno.
E’ la Camorra che si rivende, poi, quei voti al migliore offerente, in cambio di sistemazioni precarie in posti di lavoro creati ad arte (i fondi FAS? una manna dal cielo).
E’ la Camorra, ancora, che briga e minaccia perché gli spazzini (assunti col sistema di cui sopra) non vadano a raccogliere la monnezza.
Ed è sempre la Camorra che chiama i giornalisti e gli mostra lo scempio a gambe aperte della città che li ha messi al mondo: “guardate… guardate voi che fetenzia!... e questo che cos’è… ‘l’inferno aperto!... Gesù… qua la colpa è del comune, che non vuole assumere altri spazzini”, oppure “qua la colpa è dello stato, che non vuole fare le discariche”.
Beninteso, è sempre la Camorra che dà fuoco poi alle discariche, che gestisce quelle parallele e quelle abusive, che si oppone alla costruzione degli inceneritori: “wè, noi non vogliamo morire di tumore!...”. E nel resto d’Italia cosa sono allora, maniaci masochisti?
Ed è la camorra, come emerso da recenti indagini DDA, che fa sparire nottetempo centinaia di cassonetti, assalta e incendia i camion dello smaltimento, danneggia gli stessi camion nei piazzali pubblici e dà fuoco ai rifiuti tra le case.

Il secondo punto, e si arriva così alla soluzione, è quest’altro: i Napoletani, che non ne sono responsabili in quanto tali, sopportano però tutto questo. Non solo: lo sopportano e non possono farne a meno.
Sopportano, e non hanno né la pazienza né la forza di risolverlo.
Ma perché una simile follia, da parte di gente tanto attiva e impetuosa? Semplice: il ciclo poetico della napoletanità, coi suoi connotati romantici famosi in tutto il mondo, è finito. E’ rimasto, dopo due secoli di dolcissimo ardore, un precipitato freddo e puzzolente. La Camorra è la cenere rimasta dopo aver bruciato sull’altare di Partenope tutto quello che di buono, e combustibile, c’era non solo in città, ma anche nelle origini greche, latine e moderne di tutta la cultura europea: tollerare l’eccezione in nome della bellezza, l’eccentrico in nome della libertà, il favore in nome della giustizia. Napoli ardeva le illusioni culturali più di tutte le città occidentali, e proprio per questo si è spenta prima. Avesse dato ascolto al grande Eduardo, forse si sarebbe fermata; il fuoco era dolce, questa cenere puzza assai.
Oggi i Napoletani sono prigionieri del loro stereotipo. Per aver innalzato agli onori di una vera e propria religione civile il culto dell’intelligenza, sono rimasti privi di argomenti morali da opporre a chi, di quella genialità, ha fatto un’industria. Sotto sotto, i Napoletani non apprezzano appieno il potenziale disgregante della Camorra. Guardano ad essa come guardano al problema dello smog, e guardano i camorristi come fossero comuni ladri.
Alla Camorra risponde solo Saviano che, pur nella generosità del suo impegno, pensa di risolvere i problemi di Napoli senza risolvere prima quelli del mondo. Curare il raffreddore soffiando il naso.
Napoli è malata in un mondo malato anch’esso. Ma è malata più di altri perché stanca più di altri. E gli altri, con i problemi che hanno, vogliono occuparsi di Napoli solo se fa ridere o se fa piangere, mentre questa Napoli appestata e impresentabile (altro che ‘o zappatore al grand’hotel!) non la vuole vedere nessuno. Una carta sporca.
Una città malata che o si sana da sé in una notte, o non la salva più nessuno.

venerdì, maggio 21, 2010

La legge è uguale per tutti.

Uno scienziato afferma di aver creato una vita artificiale, e Mons. Bagnasco risponde a stretto giro che questo è un grande segno dell'intelligenza dell'uomo.
Dovrebbe inalberarsi Bagnasco, e con lui la Chiesa, dovrebbe rispondere che la vita (persino quella umana) si può già creare per vie naturali, e che se l'umanità prende a creare in laboratorio è per creare ciò che non esiste, e che in questo modo si dà vita a creature, che un domani potrebbero essere umane, secondo la volontà di chi ne chiede la produzione, il che può condurre a realtà mostruose, avvilenti, non rispettose del diritto naturale... E invece no, gli ha detto "bravo".

Sapete perchè? Perchè finalmente Bagnasco ha capito che queste scoperte sono confezionate apposta per generare annunci, e perpetrare, per reazione, la divisione sociale tra chi spera nella sovversione dell'ordine attuale (nella legittima aspettativa che quello successivo sia meglio) e chi, apparentemente per cinismo, vi si oppone. Di questa divisione, e Bagnasco certo non lo ignora, si nutre da secoli la grande eresia che ha contrapposto nazioni, famiglie e persone, con grande spargimento di sangue e ben poco guadagno morale.
Bagnasco ha deciso, invece, di sparigliare le carte e lasciar parlare il buon senso del medio padre di famiglia, visto che gli annunci di Venter (ma diciamo anche, le scoperte di Venter) al medio padre di famiglia, più che alla comunità scientifica, sono indirizzati. E bene ha fatto.

Venter, in effetti, non ha nemmeno prodotto una vera vita artificiale, ma ha manipolato materiale biologico già esistente: il Mycoplasma mycoides, creandone una versione da laboratorio (detta Mycoplasma mycoides laboratorius) che, nonostante le manipolazioni, questa volta rimane viva e si riproduce. Ma, anche creando un batterio sintetico, la questione non cambia anzi peggiora.
Venter afferma, a chi gli chiede se sta giocando a fare Dio, che egli non sta affatto giocando. E Bagnasco, che ha capito il gioco, invece di incazzarsi gli risponde "bravo!".
Così la palla, incredibilmente, torna a Venter, il quale, checchè ne pensi il medio padre di famiglia, non si schioderà, anche dopo i futuri annunci, dalle manipolazioni più o meno mirabolanti di rottami biologici altrui, finendo sui giornali, quando il solito padre di famiglia avrà capito che per Blade Runner non è ancora ora, con la consistenza degradante di una modella.

Se uomini di Chiesa cominciano a pensarla così, forse è adesso che comincia l'evo moderno. In futuro il potere, com'è ormai evidente, non si troverà nella tecnica, rottame freddo e impotente di fronte alla politica, ma nell'intelligenza pura di chi domina collettività.
E forse è sempre stato così.

venerdì, aprile 16, 2010

The end... (tutto il resto sarà un sequel)

Diavolo d'un Bolognese!..
Non potendo evitare una morte certa, frega tutti e si suicida prima.
Degno del più visionario Dalì.

lunedì, aprile 12, 2010

Elisa Claps

Lo scenario che si è definito subito dopo il ritrovamento del corpo di Elisa Claps è per certi versi simile a quello che si definì subito dopo la sua scomparsa: nebuloso, incerto persino nei suoi elementi descrittivi, farcito di nomi che sembrano tirati per i capelli.
Vediamo.
Subito dopo il ritrovamento del corpo nella Chiesa della Trinità si scrive che Elisa era murata, e che è stata trovata da operai intenti a ordinarie manutenzioni dell'edificio.
Poi si rettifica: non era murata, era ricoperta di tegole e detriti. Infine si dice: non era nemmeno nascosta da sfasciumi, era semplicemente appoggiata sul pavimento.
La cosa più evidente sarebbe di ritenere che il corpo non sia stato sempre in quel posto.
E' evidente, infatti che esso, se esposto alla circolazione delle correnti del sottotetto, avrebbe emesso un odore troppo intenso per settimane, e sarebbe stato scoperto.
Si dice poi che era parzialmente mummificato. Questo conferma, se ce ne fosse bisogno, il dubbio precedente: in un sottotetto così ampio e presumibilmente arieggiato un corpo non si mummifica. Per mummificare un corpo non basta il buio e l'aria viziata, serve un'atmosfera rarefatta, da rendere impossibile i normali meccanismi aerobici (quindi, anche la stessa respirazione).
E quindi, se il corpo di Elisa non è stato sempre in Chiesa, o almeno non sembra che sia stato così, non vi pare opportuno chiarire chi ce lo ha portato, quando e perchè?
Del resto, che Elisa non sia stata sempre lì lo dimostra anche un altro elemento: nel 1996 un operaio è salito nel sottotetto, lo ha girato tutto e non ha visto nulla di strano, nemmeno cumuli di detriti.
Il corpo di Elisa, quindi, non è lì da sempre, ma ci è stato portato. Eppure sono in tanti, sui giornali, che si sono affrettati a concludere che il corpo sia lì da 17 anni: senza fare cattivo odore, misteriosamente mummificandosi, senza che nessuno lo trovasse mai, nemmeno l'operaio salitovi nel 1996.
Ma se solo si ragionasse sull'ipotesi più verosimile, e cioè che il corpo si sia mummificato altrove (presumibilmente murato in tutta fretta, il che spiegherebbe la mummificazione delle sole gambe: una micro frattura della muratura, in zona alta, cioè alla fine del "lavoro", che ha permesso per mesi una limitatissima circolazione di ossigeno), si vedrebbe con ogni chiarezza che il mistero di Elisa comincia quando qualcuno fa di tutto per farla ritrovare (oltre alla messinscena dell'infiltrazione d'acqua, rivelatasi fasulla, anche le scritte nei bar della città).
E dunque, domandiamoci perchè portare un corpo lassù, e perchè esporsi con questa maldestra messinscena del ritrovamento "casuale"?
Forse qualcuno voleva rendere i resti di Elisa alla povera madre? E' possibile, ma chi si accollerebbe un tanto pericoloso ufficio pietoso? E, se fosse così, come faceva il misterioso benefattore a sapere dove trovare il corpo?
E' più ragionevole credere che chi ha portato il corpo lì sopra lo abbia fatto per risolvere un suo problema.
“Ragazza trovata mummificata in Chiesa; non era mai uscita di lì, secondo i testimoni, in quella maledetta mattina di 17 anni fa”. La trama sembra suggerire da sé l'epilogo:
“Si indaga sui movimenti del parroco, don Mimì Sabia, morto da due anni”.
E chi è morto da due anni non può difendersi. E' un attimo trovare qualcuno che “ricordi” che il reverendo era molto agitato, in quei giorni, e che magari scoppiò a piangere come un bambino, nel chiuso della sua stanza. Che ci vuole? Basta che qualcuno lo dica, e nessuno può smentire.
E' assai facile che qualcuno ricostruisca “strani” movimenti (strani, del resto, come tutti i movimenti di chi è già sotto accusa), o che riferisca che l'anziano prelato “aveva detto di aver fatto una cosa molto brutta, qualche giorno prima”. Per assurdo, una testimonianza simile potrebbe essere resa persino dallo stesso Restivo, che potrebbe dire (diciamo per assurdo) di “aver lasciato la povera Elisa con don Mimì”, giustificandosi di non aver voluto confessare prima una cosa tanto atroce del suo amato parroco. Il giudice non potrebbe non tenerne conto.
Certo è che, pur non essendovi alcuna prova del fatto che il corpo sia stato sempre lì (e casomai c'è la prova contraria) un po' tutti già lo danno per acclarato. Presto anche i giudici, per il tramite delle pressioni dei media, si troveranno a doverlo accettare.
Il corpo di Elisa, se ci si pensa, potrebbe essere lì anche da meno di un anno, anche da meno di un mese, eppure il fumoso collegamento investigativo tra Elisa e il “terzo incomodo” è già riuscito. Magari don Mimì non ne ha mai saputo nulla, nè dell'incontro tra Elisa e il suo assassino, nè dalla sua uccisioone (avvenuta magari chissà dove, cosa abbiamo, a parte le chiacchiere, per dire il contrario?), eppure tutti, pur in assenza di qualunque elemento, ne sono già certi.
Nessuno ricorda che quella era la canonica "della puttana", e che le chiavi per andare in giro per le sue stanze le sapevo rubare persino io; nessuno ricorda che don Mimì, come tutti i preti anziani, non faceva entrare gli operai in nessun luogo - non solo nel sottotetto- del "suo" tempio (la stessa Chiesa di S. Rocco, col vecchio parroco don Vigilante, era un luogo impenetrabile ai tecnici), nessuno ricorda che don Mimì ospitava qualunque balordo lì dentro, pur di coinvolgerlo nelle attività della parrocchia.
Non credo sarà difficile, poi, se un domani dovessero venir fuori notizie scabrose sulla vita sessuale (perchè no?) del parroco, che l'opinione pubblica cominci a valutare, col passare del tempo e il calmarsi delle acque, se forse non abbiamo sbagliato un po' tutti, per 17 anni, con Danilo: un ragazzo troppo introverso, forse problematico, che ha dovuto subire il pregiudizio di una società bigotta e provinciale, che ha visto in lui il mostro, mentre il vero mostro era il rispettabile parroco della meglio Chiesa di Potenza.
Sentite a me, se continua così vi conviene rassegnarvi: l'assassino è don Mimì, in combutta con l'Albanese e con il solito Ucraino.

p.s.
Ho scritto questa piccola nota perchè non so se Don Mimì, che è stato il mio parroco, sia responsabile di qualcosa, ma trovo triste che una vita di servizio alla sua comunità a alla gerarchia ecclesiastica venga ripagata con tanta spregiudicatezza.
Per non parlare poi della vigliaccheria di chi dovrebbe difenderlo e non lo fa, dovrebbe collaborare coi giudici e non lo fa, dovrebbe spiegare e non lo fa. Quella, fa veramente impressione.
Pure l'Ucraino, che nel frattempo mi è venuto a trovare, è indignato. Dice che certe cose succedono solo da noi.

venerdì, aprile 09, 2010

Innovazione in carta bollata.

Morgan e Asia Argento si contendono il bambino. Quando si dice duri e anticonformisti; scommetto che mangiano iposodico.

martedì, marzo 16, 2010

Cenetta nella Banlieu.

Prendiamo le partite di pallone. La gente ci litiga su, come si trattasse di politica.
Prendiamo la politica, dunque. La gente litiga per niente, una sola parola desta nell'altro stupore, raccapriccio, sdegno. A volte certe cose si dicono apposta per fare incazzare l'altro.
I figli disprezzano i genitori perchè sono diversi da loro, le mogli odiano i mariti perchè non si mettono nei loro panni, gli amici si tolgono il saluto per un puntiglio.

Ma quando però si parla di immigrazione, ecco, io vedo avanti a me un mondo nuovo.
Sono tutti arciconvinti che le stesse persone che si accoltellano per un calcio di rigore, che si odiano per una divergenza ideologica di tre secoli fa, che si scazzottano per un parcheggio, sorrideranno poi di viva tenerezza davanti agli usi bizzarri di chi cucina cipolle a prima mattina.
E' probabile, non dico di no.