mercoledì, aprile 18, 2012

pRosa.

Ho nelle vene tracce dei Dori e degli Illiri.
Per questo, forse, sono sempre così irrequieto, attratto dal ritorno in posti dove non sono mai stato. Sogno l'arrivo felice ad abbracciare mute cime bianche di neve, su valli nascoste umide di pietra e capelvenere, verso sorde spiagge affogate di giallo e blu.
Luoghi mai visti prima, e comunque mai conosciuti, dove arrivo solo io, a trovarvi rifugi bruni e d'oro, e sapori mai sentiti.

Il dottore dice che è stress. Bah.

martedì, aprile 17, 2012

Finanziamento pubblico o accanimento terapeutico?

Vero è che i partiti in qualche modo devono pur campare. Vero è che nel nostro sistema politico essi svolgono l'imprescindibile funzione di interporsi tra la rappresentanza e le pressioni lobbistiche. Vero è che senza partiti l'Italia diventa un mare scosso dalle onde di una continua guerra tra bande locali e lanzichenecche.

Ma sono anni, oramai, che viviamo senza.

venerdì, aprile 13, 2012

Buffoni e maschere tristi.

I finti centurioni al Colosseo sono un insulto all'eleganza che una metropoli europea dovrebbe vantare anzitutto, in questi tempi di magra e in mancanza d'altro. Sono rozzi buffoni che in nessun modo si possono inserire nell'offerta culturale della capitale, che non di carnevalate ha bisogno, ma di camerieri e di spazzini. E infine, col loro fare spiccio da energumeni, mettono a rischio l'immagine accogliente, magrolina e rassicurante che dobbiamo dare all'estero per varie ragioni, non ultima (nemmeno a farlo apposta) la storia passata e recente.
Però; c'è un però. I finti centurioni sono anche poveri cristi, che la mattina si vestono da buffoni per campare di spiccioli, all'aria aperta e circondati di turiste. I finti centurioni sono l'Italia che si rimbocca le maniche anche se non sa (e non vorrebbe) fare niente, piuttosto che morire d'inedia. E' l'Italia che non si perde d'animo e non prende mai niente sul serio, e che alla fine in qualche modo la sfanga anche lei, senza elemosinare niente a chiese, stati e organismi internazionali.
E a me personalmente, l'idea che un vincolo dei beni culturali possa reprimere la piccola genialità dell'espediente, facendolo passare per un'odiosa nota stonata nella "peraltro impeccabile" sinfonia dell'Italia un tanto al chilo, dà un fastidio tremendo. E non capisco nemmeno l'accanimento: in fondo, spesso, nelle biennali e nelle mostre cinematografiche, amministratori e intellettuali sono così disponibili a tramutare il fetente "trash" in raffinato "naif". Ci vuole per forza la militanza sessantottina per giovarsi dell'alchimia?
La verità è che il lavoro, e i nostri politici non lo capiranno mai, va regolato e controllato, ma si rispetta sempre.

E le carnevalate vere, quelle che hanno avvelenato Roma e che ora la fanno agonizzare nel letto della speculazione e dell'incultura, quelle che celebrano muffiti residuati e raccolgono pidocchiose elemosine senza riuscire a buttare giù uno straccio di programmazione urbanistica e industriale, sono tutte in abito da sera.