mercoledì, dicembre 10, 2008

Di Blondi Hitler e d'altre tenerezze.

Margaret Sanger. Ho cercato qualcosa in rete ed ho trovato una letteratura agiografica da far paura.
La signora, fondatrice del Planned Parenthood, organismo che divulga la cultura della "genitorialità pianificata" (nel presupposto che essa sia spesso un deprecabile errore di valutazione dovuto all'ignoranza o al caso), sosteneva che l'umanità avrebbe dovuto porsi il problema di selezionare una razza migliore, e che gli inadatti avrebbero dovuto essere sterilizzati. Inoltre, siccome razza inferiore, ella sosteneva che gli afroamericani fossero fin troppo prolifici.
L'istituto fondato dalla Sanger ha così, difatti, messo cliniche soprattutto nei ghetti americani, ed ha contribuito a consolidare il singolare dato statistico per cui in america un aborto su due è nero, e gli afroamericani sono l'unica minoranza recessiva della nazione.
D'altro canto, il dato non desta scalpore eccessivo nemmeno in patria. Obama è un amico del Planned Parenthhod. I neri medesimi (sono terrone e lo so) considerano sè stessi, educati nelle scuole pubbliche al rispetto del bavaglino bianco e del faccino candido, come un qualcosa da pianificare perchè sudicio, povero, impresentabile al consesso puritano e civile della storia nazionale.
Incredibilmente, le convinzioni eugenetiche della signora Sanger si trovano a stento nella rete. Piuttosto si sottolinea con forza che costei fosse una paladina dei diritti delle donne, poichè raccomandava di procreare responsabilmente.
La storia incredibile, ora, non è che la Sanger fosse una fanatica razzista. La storia incredibile è che nessuno si ricordi del cagnolino di Hitler.

lunedì, dicembre 08, 2008

Avanti tutta.

Magari fossero contestazioni, quelle di questi giorni alla ministra Gelmini che vuole cambiare la scuola italiana.
Magari quelli più anziani in piazza fossero davvero dei cattivi maestri, e i più giovani degli insubordinati. Magari fossero picchetti, quei presidi minacciati, e pugni chiusi quelle mani minacciose. Avremmo, almeno, di che preoccuparci.
E invece non sono niente. La storia si ripete in farsa, a volte, quando è già stata tragedia; figuriamoci poi, quando già è stata un'improduttiva farsa la prima volta, cosa potrà mai diventare trenta e passa anni dopo. Una bieca messa in scena?
Inutile concertarsi con questa piazza qui. Giovani segaioli come lo siamo stati tutti, bisogna solo rimanere ad osservarli nel medio periodo: alcuni di loro, altri trent'anni ed avranno limato abbastanza le proprie idee, da potersi congedare dalla partecipazione civile come inguaribili e innocui nostalgici, come patetici sedicenti incompresi, o come battaglieri stanchi e nauseati di ogni cosa reale.
Patetici, forse, come vecchi professori comunisti, di quelli che nel 2008 si sono ridotti a fare a gara di giovanilismo tra loro e con gli alunni, con traballanti e, spesso, imbarazzanti esiti.
Naturalmente, solo i ragazzi più ingenui finiranno così.
Quelli più prosaici, infatti, scopriranno tra pochi anni le delizie del capitalismo, e appena avranno un figlio prenderanno a odiare immigrati, zingari e terroni.
Adolescenzialmente parlando, il progressismo sta all'intolleranza come il vino al mal di testa.

Fame.

Gli immigrati fanno lavori che gli italiani non fanno più. Proprio gli Italiani quei lavori non li fanno.
A costo di grattarsi la pancia da mattina a sera, il grasso cittadino tricolore non ne vuole sapere di spazzare le strade o di stendere pizze o di raccogliere pomodori. "Macchè - dice, con la bocca sozza di sugo - scherziamo? Io, un benestante figlio di cotanta patria?".
E difatti il denaro qui da noi non manca: si esce dalle università e già bisogna dribblare le offerte di lavoro, si ereditano dai padri fiorenti attività artigianali, centinaia di migliaia di piccole botteghe sulle quali non tramonta mai il sole, ed anche la più piccola fabbrichetta non teme i rovesci del mercato.
E poi, per chi non eredita, quale maggior facilità ad aprire lui stesso una ditta, o ad inaugurare un impiego in fabbrica pieno di promesse? Non c'è che da scegliere; il figlio dello spazzino diventa avvocato, il barbone vince la schedina, la brutta trova marito.
E poi che stato, che nazione l'Italia! Ad una burocrazia disponibile e attenta si unisce una tassazione quantomai mite e personalizzata. Pare che lo stato ci sia sempre e non ci sia mai, a seconda della maggiore o minore sua utilità nella vita di tutti i giorni.
E' chiaro che quei lavori lì, a queste condizioni, non li voglia fare nessuno. Io proprio non capisco quale italiano ne avrebbe mai bisogno.