martedì, gennaio 31, 2006

Viagra.

Oscar Luigi Scalfaro, o dell'imperizia. Abbiamo già parlato di lui in un precedente post; insultava le donne scollacciate, decenni fa, e una volta "mal gliene incolse", si beccò una cinquina dal principe de Curtis in persona (in arte Totò). Il nostro ex-presidente oggi ha dichiarato su un importante quotidiano: "abbiamo commesso un errore a credere che con Berlusconi si potesse trattare, dovevamo fermarlo prima".

"Dovevamo" chi?
L'esegesi del passo sembra piuttosto chiara: nella prima parte Scalfaro afferma, in prima persona plurale, di aver sbagliato a credere di poter trattare. Berlusconi, a quanto pare, non tratta con nessuno di quelli che Scalfaro ricomprende nell'insieme di cui egli fa parte. Poi aggiunge che bisognava fermarlo, e pare riferire chiaramente questo "dovere" allo stesso "noi".
Problema: casomai, al massimo, doveva fermarlo l'elettorato, ma quel "noi" non sembra punto riferito al corpo degli elettori, almeno non in maniera evidente. Lo so, nell'esegesi dei testi antichi dimostrare una interpretazione non significa automaticamente poter dimostrare l'insussistenza della lettura contraria, e infatti è credibile che durante il discorso Scalfaro sia passato con un salto logico dal "noi centrosinistra" al "noi popolo italiano". Sarebbe buffo ma non impossibile; e tra l'altro sarebbe coerente con la visione costituzionalistica tipica di certo socialismo cristiano-illuminato all'amatriciana.

Meglio non pensare a male, meglio non pensare che il nostro ex-presidente abbia alluso a qualche soluzione spicciola da riservare all'odiato rivale, mediante qualche giudice, qualche legge, qualche stratagemma ad hoc. Meglio pensare che egli si sia espresso in maniera rozza e che volesse in realtà solo riferirsi ad una democratica-democratica risposta elettorale sotto il 20%. Meglio pensare così, per carità.
E se proprio questa spericolata ricostruzione non vi convince, vada per il "Putch", ma è meglio pensare che il suo piano fosse solo di gridargli "lei è una prostituta, si copra!", al bar di Montecitorio.

Nessun commento: