venerdì, maggio 20, 2005

L'epopea di cartapesta

Si sa, non dico nulla di nuovo. Voglio solo farvi osservare una differenza di stile tra due mondi, due visioni.
Come durante il Trionfo, l'apoteosi tributata ai condottieri nell'antica Roma dopo una grande vittoria, vi era un uomo accanto al protagonista a ricordargli "sei solo un uomo", così la storia dell'elezione dei Papi ha sempre previsto la figura del Camerlengo, colui che intronizza il nuovo Vicario di Cristo e, dando fuoco davanti ai suoi occhi ad un pezzo di stoppa, pronuncia la frase "sic transit gloria mundi".
E' vero: il potere, che pare assaggio d'eternità, porta con sè un grande senso tragico. Esso non pare esser fatto per l'uomo, che non può mai possederlo fino in fondo.
Il condottiero romano e il Vescovo di Roma. Ma ricordate il "Cid campeador" e l'epopea mediorientale di Ghilgamesh? Oppure la saga nordica di Sigfrid? Eh si, il potere brucia in un lampo come quel pezzo di stoppa, e "la gloria dell'uomo non è che vento".

Adesso tornate ai giorni nostri: avete visto quanta compostezza nelle nostre vittorie elettorali, vero? Omacci in doppio petto, con la faccia rossa e contornati da biscazzieri brindano e brindano. Fino a notte fonda. E si tratta pure di vittorie "a termine"; quattro, cinque anni. Mah!

Ma allora mi domando: qual'è il senso del potere? Quel senso amaro che costringe alla gravità delle scelte, o la semplice evasione forsennata del più forte?
Ognuno trovi la sua strada, tantopiù che oramai hanno mollato tutti: anche gli ultimi Cardinali fatti a Roma, dopo la nomina, se ne sono andati a festeggiare nei superattici di Trastevere.
Domine non sum dignus...

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