martedì, marzo 31, 2009

OGM

Due conti, per presagire matematicamente la successione di Berlusconi.
I voti con cui s'è costruito il primo governo di centrodestra della storia repubblicana sono, nell'ordine di importanza per numero: cattolici, liberali, riformisti. Che rappresentano, poi, tre elettorati-tipo, ben distinti tra loro.
Con quella magica formuletta, datata 1994, "libertà" (nel presupposto che prima non ce ne fosse, e chi vuol capire capisca), il Cavaliere è riuscito a riunire Sud e Nord, proprietari e proletari, intellettuali e lavoratori. L'unica maggioranza possibile oltre il popolo, organizzato e militante, delle forze progressiste. Questo comporta una serie di valutazioni: sarebbe, certamente, un grave errore mettere a capo della destra di domani un cattolico di curia; non saprebbe parlare alle forze produttive e sane del paese, e nemmeno ai ceti istruiti (eh, questo sì che è un bel guaio).
Del pari, sarebbe un grave errore metterci un liberale tout-court. Non saprebbe parlare alle famiglie, alle donne, e forse nemmeno ai ragazzi, nel 2009.
Così come sarebbe madornale fare leader un riformista. La bandiera, se si fa professione, è invisa a mezza nazione: al Sud, al Vaticano, alle mamme, ai liberali. Non è nemmeno italiana, come idea.

Figuriamoci che errore sarebbe, con questi presupposti, se il leader lo facesse uno che è un pò di tutti e tre, e in fondo un pò di nessuno.
Per fare il paio, bisognerebbe dare la sinistra ad un riformista ricco, baciapile e libertino.
Così poi si mettono insieme e ridono di noi, ne sono sicuro.

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