martedì, agosto 16, 2005

Il peccato di Ezra.

Come poeta, Ezra Pound è stato probabilmente uno dei pochissimi grandi dell'ultimo secolo: la sua poesia, terribilmente complessa e profonda, un labirinto di ricordi, reminiscenze e riflessioni, è decisamente una primizia per pochi eletti.
Ezra Pound essenzialmente rivive tutta la sua percezione del mondo in due o tre attimi di genio, e questa così eccelsa (e inavvicinabile) arte non sarebbe nemmeno tanto divulgata, se non fosse per quei quattro gatti tristi e snob che amano farne sfoggio per dimostrare di esserne all'altezza.
Ezra Pound affascina per la dottrina e la misteriosa sicurezza; Ezra Pound convince, anche chi dalla lettura dei suoi versi non capisce niente. Un pò come Dante.
E infatti, proprio come il sommo poeta, anche Ezra Pound non ha bisogno di critici, professori o dispensatori di opinioni.
Diceva Eliot, praticamente suo devoto discepolo più di tutti, che di lui tutti parlavano e pochi capivano.
Diciamocelo, la poesia di Pound non è una robetta da scuole superiori, nè da esame universitario; chi la capisce è bravo.

Eppure, qualcosa Pound la dice, fuori dal turbinio dei ricordi e dalla furia creativa del poeta. Pound, pure internato come pazzo al manicomio dalle truppe alleate, al loro arrivo a Pisa, in realtà pazzo non era. Nemmeno un poco.
Pound diceva che non è la lotta del proletariato a muovere la storia. No no.
La storia è mossa dall'usura. Solo le grandi spinte speculative muovono le guerre immani, i traffici tentacolari, le trappole civili. Solo chi crea denaro dal nulla può costringere il padre ad assassinare il figlio e viceversa, perchè chi fa usura diventa padrone anche dell'acqua, anche del pane, anche dei figli che avete in grembo. Ragionevole, no?
Invece no. Non lo era affatto.
Lo era piuttosto il socialismo reale, il maoismo o lo stalinismo, lo era la politica coloniale e cripto coloniale, lo era il mondo pazzo dei santoni della FAO o dell'Unesco. Tutto, ma questa storia di bloccare il prestito a interesse agli stati proprio no.

Occorre fare un passo indietro, per chi queste cose non le mastica: da un paio di secoli i nostri stati non producono da sè la moneta, ma devono chiederla alle rispettive banche nazionali, che sono enti a partecipazione privata e solo a controllo statale. Cosicchè gli stati, per emettere moneta, sostanzialmente devono chiederla a dei privati.
E, va da sè, quando la chiedono si indebitano.
Il debito pubblico poi lo pagano i cittadini con comode tasse periodiche.
Inoltre i cittadini, se chiedono un prestito a una banca, si indebitano a loro volta secondo un interesse deciso dalla stessa (e la regola è quella della cravatta).

Ezra Pound pensava (ecco il nocciolo della sua idea) che i prestiti potevano essere fatti direttamente dagli stati, senza usura, emettendo moneta dagli stati stessi prodotta, ad interesse molto più agevole, senza creazione di debito pubblico; ma avrebbe avuto risposte durissime: "gli stati? Buona questa! Cosa hanno fatto per noi gli stati? Dove era lo stato quando la gente aveva bisogno? E poi come si fa?".
Ezra Pound avrebbe forse provato a ribattere che il meccanismo bancario era perverso e inutile, assurdo, suicida; che arricchiva parassitariamente un intermediario, la banca, soffocando l'economia sana (quella che produce, coltiva, costruisce, inventa, sogna), che la storia dell'economia lo dimostrava.
Ma quegli altri lo avrebbero sbattutto tra i pazzi comunque.

Forse lui avrebbe domandato, già stretto in manette e prossimo alla cella: "ma, scusino, lorsignori sono forse banchieri?".


Questa insolenza non gliela perdonarono mai.
Come non gli perdonarono mai nemmeno quel saluto fascista al processo che gli confezionarono gli anglo-americani. Plateale, sconvolgente e scaldaloso, ma soprattutto inopportuno, in quei giorni di voltagabbana e delatori.
Ma poichè era un poeta maledettamente affascinante si inventarono comunque un modo per non sembrare dei soldatacci ignoranti. Si inventarono una usura sull'immagine.
Cioè loro continuarono a stampare i suoi libri, e la sua memoria continuò a rimanere chiusa in quel manicomio, come un capitale che non si vuole mai riscuotere, per continuare a campare di interesse.

E lo sapete come funziona questo truffaldino dilazionamento, questo eterno rimandare il confronto con il suo pensiero? State a leggere:
"Forse, esiste un bisogno d'infamia connaturato allo scandalo poetico", cioè era pazzo, masochista e pure un pò stronzo, sebbene grande poeta.
Il che, evidentemente non significa un bel niente, come il nome di chi ha scritto questo profondissimo pezzo di psicanalisi d'accatto. Tale Giorgio Manganelli.

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