domenica, ottobre 26, 2014

Cento colpi e non sentirli.

Ho come l'impressione che i miei consimili, e temo io con essi, stiano acquisendo negli anni una speciale, inedita, abilità nell'apprezzare, gestire e implementare le cose della vita che fanno stare bene. E che allo stesso momento stiano dimenticando quelle altre.
Sappiamo tutti che questo renderà il mondo più brutto di quello che già è, ma, poiché ognuno spera di non essere lui a cadere (e naturalmente rivendica l'evanescente diritto a sperarlo), nessuno intende mostrarsi così vigliacco da scendere dalla giostra. Siamo letteralmente intossicati e dipendenti dall'euforia narcisistica dell'avvenire, alla quale sacrifichiamo tutto ciò che abbiamo, e della quale ci rifiutiamo di vedere l'effetto sulla vita umana, quando incontra i veri tabù della società in cui viviamo: la malattia, la vecchiaia, infine la morte.

E' una roulette russa, c'è chi scommette e chi stramazza al suolo col cranio a pezzi, il colpo finale è coperto dal fragore della riffa, e si riprende, ogni volta, come se non fosse successo niente.

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