venerdì, febbraio 07, 2014

Guardingo con brio.

E' significativa la sicurezza con cui l'Occidente si ritenga ancora il centro del mondo: secoli di fideistica disciplina ci hanno resi dei disadattati globali.
Ed è persino commuovente quanto i nostri governi, con il carrozzone d'ordinanza di mondialismo interessato, terzomondismo peloso e moralismo postmoderno, pretendano insegnare a questo e a quell'altro giovane gigante che si affaccia sulla scena postatomica della fine del colonialismo classico cosa è opportuno non solo in politica estera, ma persino nella gestione delle proprie risorse economiche e culturali. Sembrano non essersi accorti, a suo tempo, che l'istituzione beneaugurante della Fao e dell'Unesco era dovuta ad altre condizioni storiche, ad altri rapporti di forza, oramai estinti.
Sembrano non essersi accorti che il resto del mondo, in questo mezzo secolo, anche se in un cantuccio, ha vissuto quanto e più di noi.
L'Occidente interviene sul proscenio internazionale facendosi precedere da una legione di esperti diplomatici, padroni del vapore come gli scribi di un impero all'apice della sua grandezza, e non si accorge di aver già perduto ogni potere sui suoi sudditi. I quali, oggigiorno, nella loro pure acerba, brutale volontà di potenza si sono dotati già di pensatori, industriali, masse infinite di manodopera e risorse preziose come il pane. I quali, certamente, sono portati per mano, al galà delle nazioni unite, dalla sicurezza del corpo giovane, delle loro società civili in bollente trasformazione.

Tutto ciò che l'Occidente possa dire e fare ai loro occhi è sospetto come la presenza di un estraneo che si aggira, di notte, nel vostro giardino. Se quell'estraneo, mentre voi chiamate la polizia o cercate il vostro fucile, nascosto tra le fronde, prende a gridarvi quanto è bella la comprensione e la collaborazione, pur condividendo in astratto le sue parole, scendereste ad aprirgli la porta?

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