sabato, marzo 25, 2006

Ngè permesso?

Una immagine, che mi ricorda sempre mia madre.
San Mauro Forte, Matera, anni '50. L'onorevole Colombo, in giro per la regione a caccia di voti, si fa portare sulle spalle da un robusto contadino tra due ali di folla.
Su quella inusuale cavalcatura il giovane deputato entra in paese, consapevole forse di dover dare, in campagna elettorale, soddisfazione a quello spirito rassegnato e sottomesso che da noi si insegna essere una virtù.
E così, marciando marciando, a cavallo di contadini, di stupidi e ignoranti lavoratori, di poveracci che nel baciare un lembo di veste si sentono figli devoti e protetti, siamo arrivati alla scoraggiante realtà. Chissà, forse nel frattempo persino il figlio di quel generoso (servile, disperato?) è dovuto emigrare. Figli devoti e protetti, ma, aihmè, figli unici e di madre vedova.

Ma l'onorevole Colombo sapeva che l'umiltà, se diventa cerimoniale collettivo, si tramuta in servaggio; l'onorevole sapeva che Gesù, consapevole di entrare in una Gerusalemme amica, vi entrò a cavallo di un umile asinello. L'onorevole sapeva che gli uomini sono tutti uguali, eppure decise che sì, ci avrebbe marciato.

Mio nonno in quei giorni chiudeva le finestre, perchè le quattro figlie non subissero quello "spettacolo disonesto". Un netturbino.
Noi Lucani dovremmo ritrovare l'onestà di saper sputare per terra, quando passa certa gente. E d'altro canto dovremmo imparare ad offrire un sorriso, quando ne passa altra, e tanto basterebbe.

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